Giuramento della Pallacorda

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sabato 16 luglio 2011

Fare gli italiani - di Giambartolomei Nazzario


“Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! “. (Purgatorio, VI, 76-78)

Apro con le parole di Dante, sommo poeta per eccellenza, anche se guarderò la situazione italiana da un altro punto di vista. L’immagine dell’Italia come un grande bordello è forse una delle più attuali, non perché io disprezzi il piacere della condivisione della carne, ma perché nei bordelli è molto spesso difficile capire chi è “colui che chiede” e “colui che si concede”. Ecco, il bordello rende l’idea di uno scambio continuo di ruoli, un indistinguibile gioco delle parti. Non alluderò quindi alle eroiche imprese del Carlo Martello tutto nostrano. Di quelle poco m’importa; alludo invece al moralismo tutto clericale della cosiddetta (ma mai vista e forse mai esistita) sinistra italiana, che solo di poco si distanzia dal moralismo del vescovo e cardinale Pier Damiani (1007-1072) il quale ammoniva i fedeli dall’usare la forchetta - all’epoca costituita da sole due punte – perché la sua estremità biforcuta ricordava le gambe divaricate di una dolce pulzella. Puntando la propria attenzione sulle vicende di una prostata oramai finita, quella che doveva essere l’alternativa al berlusconismo in realtà si tramutava in una seconda forma di fascismo, pronto a (ri)rafforzare il concordato con la chiesa cattolica. Berlusconismo e/o fascismo a parte, che cos’altro rimane? Qual è l’alternativa ai regimi di Destra, Centro e Sinistra, ammesso che non siano tutte e tre delle false distinzioni geometriche? L’alternativa, a mio parere è solo una. Cioè, fare gli italiani. Fare gli italiani non significa fotterli, anche se questa è la via per rinnovare i volti della politica scelta dalla nostra partitocrazia (Minetti e giù - o sù - di lì). Fare gli italiani significa, come diceva Indro Montanelli, che:

“Noi dobbiamo metterci in testa che la lotta alla corruzione la si fa in un modo solo: cambiando gli italiani, non cambiando le classi politiche. Le classi politiche, anche quelle nuove, si corrompono, è inevitabile.

Ma se proprio volessimo fare un appello dogmatico ad una classe politica incorruttibile, siamo sicuri che essa basterebbe a risolvere i nostri problemi e a migliorare la società? Credo proprio di no. Si tratta di riesumare il pensiero politico di Giuseppe Mazzini, volontariamente dimenticato già in vita. La grande lezione del padre della Patria è quella di cui necessita la nostra nave sanza nocchiere ; una lezione che ci porta a ripensare la classica teoria dei diritti dell’uomo sotto la luce della teoria dei Doveri dell’uomo. Dovere dell’uomo è quello di migliorarsi, di perfezionarsi, di migliorare e perfezionare la sua società, la sua famiglia e la sua Patria. Non si pensi che tutto questo debba essere fatto per il fine della benevolenza di un dio extra-terreno che governa dall’alto; sarebbe un orribile e dannosissimo fraintendimento. Si tratta di vedere il sommo bene laddove vi è un segno di una capacità di miglioramento. Ovvero nella Coscienza e nell’Umanità. In questi organismi viventi giace il fine cui dobbiamo tendere. Fare gli italiani. Forse a questo punto sarebbe meglio dire “Farsi italiani” ma così non funzionerebbe più. Infatti, non tutti (ma voi che leggete non pensiate di essere tra questi) hanno la possibilità e la fortuna di intraprendere un cammino di perfezionamento; non perché si tratti di uomini incapaci, ma perché la loro povertà non gli permette di poter apprezzare il piacere ed il dovere di migliorarsi. Si tratta della cosiddetta piramide dei bisogni di Maslow per la quale i bisogni e i desideri degli uomini sono disposti in forma gerarchica in modo da dover soddisfare i bisogni fisiologici, di sicurezza, affettivi e di stima, prima di poter iniziare ad occuparsi dei bisogni di individuazione, miglioramento e quindi di realizzazione. Per questo motivo il Dovere di coloro che possono “mirare alto” è quello di “migliorare” o di “fare” gli italiani. Ma come? E non sarebbe questa una violenza, una costrizione sugli altri? Per la prima domanda lascio rispondere Giuseppe Mazzini con un passo dei Doveri dell’uomo.

“Ma che cosa può ciascuno di voi, colle sue forze isolate, fare pel miglioramento morale, pel progresso dell'Umanità? Vi potete esprimere, di tempo in tempo, sterilmente la vostra credenza; potete compiere, qualche rara volta, verso un fratello non appartenente alle vostre terre, un'opera di carità; ma non altro. Ora la carità non è la parola della fede avvenire. La parola della fede avvenire è l'associazione, la cooperazione fraterna verso un intento comune, tanto superiore alla carità, quanto l'opera di molti fra voi che s'uniscono a inalzare concordi un edifizio per abitarvi insieme è superiore a quella che compireste innalzando ciascuno una casupola separata e limitandovi a ricambiarvi gli uni cogli altri aiuto di pietre, di mattoni, di calce.”

Tramite l’Associazione possiamo aumentare le nostre forze e diventare costruttori di sogni possibili. A scanso di equivoci, parlare di Doveri non significa disprezzare i diritti ma esprime la necessità di capire che i primi precedono i secondi, ovvero, che senza l’assunzione di una sorta di responsabilità naturale da parte del cittadino nei confronti di se stesso e dell’Umanità non è possibile avanzare verso un vero e proprio Progresso. Dobbiamo quindi cooperare fraternamente per il bene comune e per la coscienza della società. La seconda domanda poneva il problema se tale tentativo di miglioramento degli altri fosse una sorta di violenza nei loro confronti. Si potrebbe dire, infatti, che si vorrebbe costringere alcuni ad essere felici nel modo in cui lo vorremmo noi. Ma non c’è cosa più erronea di pensare ciò. Qui non si tratta di cambiare i gusti delle persone ma di innescare quella fiamma che è in ogni individuo. È la sua coscienza a dover essere accesa. Non si pretende di diventare maestri di qualcuno, ma si cerca di mettere l’individuo nella condizione di essere maestro di se stesso senza altri intermediari. Ma come si conquista questa maestranza? La luce della maestranza di se non sembra trasmettersi per via ereditaria e nemmeno attraverso il linguaggio. La maestranza di se stessi è ineffabile e sfugge al linguaggio. È mia esperienza, però, che si trasmetta tramite il contatto personale, in quello scambio silenzioso di gesti, modi di fare, toni di voce e modalità di pensiero. In conclusione, la maestranza di se stessi può essere trasmessa attraverso modi che incarniamo in noi e che poi vengono percepiti dagli altri. Henry David Thoreau scriveva nella Disobbedienza civile:

“Accetto di tutto cuore l'affermazione, - "Il governo migliore è quello che governa meno", e vorrei vederla messa in pratica più rapidamente e sistematicamente. Se attuata, essa porta infine a quest'altra affermazione, alla quale pure credo, - "Il miglior governo è quello che non governa affatto", e quando gli uomini saranno pronti, sarà proprio quello il tipo di governo che avranno. Il governo è nell'ipotesi migliore solo un espediente; ma la maggior parte dei governi sono di solito espedienti inutili, e tutti i governi sono tali di quando in quando.”

Certo, sarebbe bello avere governi tutti intenti ad insegnare ai cittadini ad autogovernarsi, ma non so voi, io non ne ho mai visti. Per questo, la nostra Missione è quella di unirci fraternamente e lavorare al fine del Progresso dell'Umanità, migliorando noi stessi per trasmettere senza ipocrisie l'idea che il Progresso non può derivare totalmente dall'alto ma che è inevitabilmente in funzione della responsabilità del singolo individuo. Pochi si ricordano che la libertà ha un prezzo e quello che ho appena esposto è il conto (dopotutto non così tanto salato).

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