Dopo aver letto la risposta di Alessandro Bertirotti all’articolo tradotto da Cesare Del Frate, mi sono domandato ma chi sono questo ateo e questo Dio che tanto scuotono le nostre menti.
Da una parte ci sono i credenti, gli aderenti a forme di monoteismo organizzato che sono ossessionati dalla presenza nel mondo degli atei; da un’altra parte ci sono gli atei che sono ossessionati dalla presenza nel mondo di Dio.
I primi amano gli atei a tal punto da non poter vivere senza preoccuparsi dello smarrimento che questi vivono in assenza di una Verità superiore, i secondi amano a tal punto Dio da preoccuparsi dello smarrimento che questo vive lontano dal mondo.
Ma proviamo a fare un poco di ordine:chi è Dio? Chi è un ateo? Vediamo alcune definizioni di Dio, almeno quelle più famose. Dal punto di vista ontologico, principio unico e supremo dell’esistenza, è sostanza immanente degli esseri o causa trascendente che crea il mondo fuori di sé. Oppure come fine dell’universo, sommo bene in senso assoluto in quanto tutte le perfezioni desiderabili scaturiscono da lui. Poi dal punto di vista logico, principio supremo dell’ordine nel mondo e della ragione dell’uomo. Quando Dio è considerato dal punto di vista fisico, come se fosse un essere attivo, esso diviene un Essere personale che agisce in quanto entità superiore rispetto l’umanità che ne diviene dipendente dalla sua protezione e se ne identifica in quanto gruppo sociale. Dal punto di vista morale, infine, Dio è l’intelligenza e la volontà perfetta che garantisce la moralità.
Le definizioni di ateo, invece, riguardano uomini o filosofi che negano la causalità di Dio, senza tener conto che questi uomini spesso non si consideravano atei in senso stretto. L’ateo, dunque, è spesso un senza Dio a sua insaputa. Non lo sapevano infatti i panteisti, e non lo sapeva Fichte, i primi a causa della loro identificazione di Dio con la natura e il secondo per aver scritto un articolo in cui identificava Dio “semplicemente” con l’ordine morale del mondo. Chi ha storicamente pensato il corpo come precedente all’anima si è visto etichettare da Platone come materialista naturalista, ovvero un ateo filosofico. Anche gli scettici come il buon Carneade di Cirene o il più recente Hume sono stati iscritti a questo partito loro malgrado. I veri atei spesso sono stati i pessimisti come Shopenhauer, che vedeva nel male e nell’infelicità del mondo un ostacolo insormontabile per la dimostrazione del Dio personale. Chi invece ha dato vera forza al movimento ateo è stato, a mio avviso, Feuerbach, il quale concepisce Dio come essenza oggettivata del soggetto, ovvero niente altro che una proiezione che l’uomo fa di se stesso in un essere superiore nel quale cerca di identificarsi. Nello stesso solco c’è quella categoria di atei che pensano Dio come una menzogna dell’umanità sempre in cerca di modelli da spacciare alle masse incolte, fra questi senz’altro il grande Nietzsche che, nella Gaia scienza, vede la menzogna come unica strada per esorcizzare le verità crudeli del mondo, e Dio è stata certamente la più grande fra queste menzogne.
Un altro ateismo, invece, vede Dio come una difesa dalle forze immense della natura e della sorte che risultano schiaccianti rispetto le esigue forze dell’uomo. Il campione di questa versione dell’ateismo è Freud, che vede Dio come un immaginario grande padre che viene continuamente invocato dagli uomini ancora a uno stadio infantile della propria evoluzione.
Questa carrellata di definizioni di Dio e di ateismo non è esaustiva né sistematica, ma spero basti per mantenere quel minimo di materiale su cui fare dei confronti fra le nostre posizioni.
Io considero però l’ateismo semantico di Carnap e Ayer la forma più interessante e certamente radicale di ciò che molti credono di dire quando dicono “ateo” di qualcuno.
Questi filosofi,infatti, spiegano bene che, una volta che la metafisica ha eliminato il Dio fisico dell’antichità, ha difatti eliminato ogni realtà del Dio che l’umanità va cercando da millenni.
Infatti essendo Dio un Ente conoscibile solo attraverso le parole delle narrazioni mitiche e dei libri sacri , egli, a mio avviso, non è altro che un discorso metafisico sulla causa e sull’origine del mondo. Chi nega Dio oggi, secondo me, nega il Dio del discorso dei libri sacri e delle religioni rivelate, in quanto discorsi non coerenti con le aspettative che l’uomo ripone nel Dio-causa.
Ma se la mia posizione circa l’ateismo contemporaneo ha senso, allora dobbiamo ammettere che il cosiddetto ateo è un uomo che trascorre la propria vita a parlare di Dio.
Pur negandolo, l’ateo pone al centro di ogni discorso Dio che resta così un elemento essenziale della ricerca circa la possibilità della comprensione del reale da parte dell’uomo contemporaneo.
Negare il Dio delle religioni non nega Dio e questo lo sapevano bene i panteisti che mai si dissero atei.
Atei sostanziali sono invece tutti coloro che si ritengono vicari di un qualche profeta e agiscono in aperta contraddizione con i discorsi che professano a parole e smentiscono con le azioni.
Ogni uomo che, pur partendo da una negazione, pone Dio come fulcro di un discorso sulla Verità, dimostra che la strada per la comprensione del Mondo è comunque segnata dall’anelito dell’uomo verso la perfezione, il Bene e l’armonia dell’universo.
Ciò che più sorprende in ultima analisi è che spesso più l’ateo che il credente pone Dio come protagonista del proprio discorso; il credente,infatti, troppo spesso si fida di parole riferite da libri approvati da conciliaboli di uomini.
In ultima analisi io non credo che esista né un Dio né un ateo secondo le definizioni che ho riportato. Io in accordo con Bertirotti credo che esista solo l’uomo con i suoi desideri.
Antonio Cecere
«da un’altra parte ci sono gli atei che sono ossessionati dalla presenza nel mondo di Dio.»
RispondiEliminaQuesto è quello che piace pensare ai credenti. Gli atei non sono «ossessionati dalla presenza nel mondo di Dio», anche perché altrimenti non potrebbero essere atei. Quello che "ossessiona" gli atei è il fatto che qualcosa di inesistente possa avere un così grande impatto sulla loro vita per colpa dei credenti.